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Hermès Birkin: Il Sogno

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Gli occhi grandi e luccicosi ed un sorriso immenso che mi riempiva tutto il viso: questa è stata la mia reazione quando ho acquistato la mia prima Hermès  Birkin.C’è qualcosa di magico in Hermès che poche altre maison hanno; il fatto è che quando vedi la scatola arancione già immagini un mondo meraviglioso fatto di lusso, perfezione, savoir fair ed esclusività. Poi la apri quella scatola e comincia la magia  di storie, glamour ed eleganza.

La Birkin: la più desiderata, il sogno.

Era il 1984 e una giovane Jane Birkin prende un areo e finisce per sedersi accanto a Jean Louis Dumas.

Lei era bellissima, famosa,  talentuosa cantante, attrice ed era mamma. Lui era l’amministratore delegato di Hermès. Io me li immagino sorseggiare champagne e dare vita inconsapevolmente al sogno e all’icona che diventerà la Birkin. Jane infatti si lamentò con lui del fatto che non riuscisse a trovare una borsa che fosse pratica, spaziosa ma elegante allo stesso tempo. Fu così che grazie alle sue richieste, Dumas concepì la borsa che ancora oggi sublima i desideri di moltissime donne.Ma non è solo una questiona estetica, ciò che rende speciale la Birkin è come viene creata:  ogni borsa è realizzata da un singolo artigiano che impiega 48 ore di lavoro ed ognuno di loro ha il proprio personale kit di strumenti di cui è il solo utilizzatore, tanto che, dopo la pensione, lo portano con sè; è facile comprendere come, con queste caratteristiche, ogni borsa sia di fatto un pezzo unico, perché creato dalle mani sapienti di un maestro d’arte.

Molte sono le varianti di dimensioni e di colori ed infinite le liste di attesa; misure come la 28 o colori come l’etoupe sono difficilissimi da avere; in generale entrare da Hermès ed uscirne con una Birkin è davvero molto raro.

Scopri la mia selezione di Hermès  Birkin

Karl Lagerfeld

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La prima storia di Otto è dedicata a Karl Lagerfeld.
Scomparso recentemente, di lui si sono raccontanti i successi e la vita professionale, ma qui vorrei ricordarlo per fatti non legati al lavoro, come si fa con un caro amico, con qualcuno con cui si è condiviso un pezzo di vita, perché Kalr Lagerfeld ha accompagnato non solo la mia, ma la maggior parte della vita degli amanti della moda della mia generazione.
Non tutti ricordano che il suo secondo nome fosse Otto… lo lasciò poi nel corso degli anni, ma spero che questo sia, per questa mia nuova avventura, un segno positivo.
Chi lo ha conosciuto, ricorda di lui l’estrema gentilezza che riservava a tutti, senza fare differenza tra le signore che si occupavano di pulire i pavimenti della boutique Chanel a Parigi, o principi, regine e star di Hollywood; intelligente, rispettoso, aveva una passione per i libri che collezionava in grande numero (si dice che nella sua casa principale ne avesse più di 300.000)
Iniziò da Pierre Balmain negli anni ’50, con un ruolo di puro servizio, perché voleva imparare e capire, con una umiltà ed una consapevolezza di sé che oggi sembra essere molto rara.
Da giovane guidava una Mercedes 300 SL “Gullwing” con le portiere ad ali, e negli ultimi anni si faceva accompagnare da un autista su una Bentley Continetal oppure una Hummer: aveva gusti decisi, lui, anche in fatto di automobili.
Utilizzava e conosceva il mondo digitale, ma amava la carta e l’inchiostro: si dice che invece delle penne usasse degli eyeliner di Shu Uemura… disegnava così bene che i suoi bozzetti sembravano opere d’arte; ce ne sono oltre 40.000 negli archivi di Chanel e non so cosa darei per poterli vedere e toccare.
Negli ultimi giorni della sua vita, si è fatto accompagnare da Chupette, la sua bellissima e nota gatta bianca; compagna inseparabile, amata e viziata; fonte di affetto, divertimento ed ispirazione, Chupette è divvenuta essa stessa icona, ed in qualche modo, ha raccontato di Karl Lagerfeld, una parte più intima, svelando ciò che i suo grandi occhiali neri tentavano di nascondere.
Ora se ne è andato, lasciando un vuoto difficilmente colmabile sotto molti punti vista.

“La moda non è né morale né immorale, ma può fare bene al morale”
Karl Lagerfeld